Cristina Mercuri, Degustibuss, “Mi piaceva insegnare il vino”

Quest’oggi dedichiamo il nostro spazio web a Cristina Mercuri, presidente di Degustibuss e volto noto del panorama enogastronomico italiano ed internazionale.

La Dottoressa Mercuri, avvocato di talento, nel 2015 decise di lasciare la professione legale per dedicarsi alla sua vera passione, ovvero insegnare il vino. Un semplice passaggio che racchiude un senso profondo, inconscio e racconta il sogno e la curiosità di una giovane ragazza diciassettenne.

C’è chi sogna per poi rimpiangere di non averci mai provato, per semplice convenienza o perché vinto/a dall’indole umana che spinge gli uomini a fortificarsi nella propria zona di comfort, e chi invece si accorge che“È noioso desiderare sempre e non soddisfarsi mai”, come scriveva Honoré de Balzac.

Cristina ha capito di essere nata per vivere, cosicché ha deciso di realizzare il sogno di una giovanissima che guardava un programma in tv, abbandonando definitivamente il comfort della vita da Tailleur.

Così nel 2017 ha co-fondato Degustibuss, Accademia del vino in forte crescita, con tante sedi sia in Italia e attività in tutto il Mondo.

Le ho chiesto di raccontarsi un po’ e ho trovato il suo modo di pensare, comunicare e il carattere, una fonte di ispirazione.

Sotto l’intervista:

Buongiorno Dottoressa Mercuri, la prima cosa che mi piacerebbe sapere è, com’è nata la sua passione per il vino?

E’ nata in maniera davvero insolita, ho sempre amato il vino e mi ha sempre incuriosito la teoria della fermentazione, ha un che di atto creativo davvero affascinante per me.

La vera svolta però ci fu quando avevo circa 17 anni e guardavo la tv. Un sommelier parlava di descrittori di aromi esotici (incomprensibili) di un vino. Sono rimasta delusa, e anche un po’ arrabbiata perché mi sono sentita presa in giro. Ho quindi iniziato a studiare la motivazione per cui i vini “odorano” di alcuni particolari aromi, e quali fossero il vero motivo (dal punto di vista chimico).

Poi, all’università, ho studiato Giurisprudenza e sono diventata Avvocato, ma non ho dimenticato la mia passione per le degustazioni e la curiosità per i vini. La mia carriera in Legge è stata davvero noiosa, la odiavo, ero molto infelice da molti anni. Poi ho capito che la vita è vita se vivi secondo le tue inclinazioni e desideri interiori. Mi piacevano i vini, mi piaceva presentare i vini, mi piaceva insegnare.

Soprattutto mi piaceva parlare di vino in maniera seria, ma non seriosa, comprensibile e aperta al mio interlocutore.

Probabilmente, devo ringraziare quell’uomo in TV che ha detto una cosa stupida e irreale su un vino. Non avrei mai immaginato come sarebbe andata la vita senza quel momento irritante.

Quando e perché ha deciso di trasformare la passione in un lavoro, rinunciando anche alla proficua professione legale?

La professione non mi dava nessuna soddisfazione, se non quella economica. Da legale, non trovavo senso etico in quello che facevo, non portavo a casa nessuna gioia, anche quando vincevo.

Non volevo più passare la mia vita a fare cose di cui non m’importava assolutamente nulla. Mi ripetevo “Non sei un albero, se non ti piace la tua situazione, cambiala!”.

Dopo un anno in cui le mie due attività sono state condotte insieme (avvocato di giorno, presenter per eventi e degustazioni la sera) ho deciso di essere coraggiosa. Ho lasciato la professione. Nel 2015, stanca di una routine e di un lavoro che non mi appartenevano, ho deciso di dedicarmi alla mia vera passione: diffondere una cultura vera e sana del vino.

Sono stata ispirata dalla mia propensione a fornire lezioni approfondite, serie ma divertenti allo stesso tempo. Allora e ora, sono felice quando vedo come una persona cambia nel suo approccio ad un calice.

Essendo una donna, quante e quali difficoltà ha dovuto incontrare per affermarsi in un mondo, che molti definiscono maschilista, come quello del vino?

Sfortunatamente lo è. Ma come nella maggior parte dei settori, purtroppo.

L’industria del Vino deve lavorare sulla mentalità e la cultura dei professionisti a capo delle aziende, perché la questione “maschilismo” è una questione di educazione dei soggetti nel loro ruolo di vertice professionale. Esistono innumerevoli corsi specifici sulla Diversity per manager, sul Reverse Mentorig e via dicendo. Basta non essere troppo pigri e investire nelle proprie risorse creando professionisti forti e aperti.

Siamo donne e – sebbene ci siano enormi cambiamenti in meglio rispetto a qualche anno fa – il rischio è di essere chiamate “bionda, bella ragazza”. In questo settore le donne hanno ancora qualche difficoltà ad essere riconosciute come professioniste.

Le maggiori difficoltà – che per fortuna non sono state così tante – si sono presentate all’inizio, perchè a volte in passato mi sentivo ascoltata solo perché ero carina, o ricevevo un invito per delle manifestazioni per lo stesso motivo: una ragazza carina nella stanza.

Da donna, ho sempre saputo che esistono due modi per ottenere la “notorietà”: uno è lavorare di più degli uomini, l’altro è offensivo per la mia dignità. E quindi, mi sono sempre impegnata molto, perché contro la mente ottusa della gente si può agire solo con un uso sapiente del cervello: ho lavorato sodo, studiato tantissimo (e continuo a farlo) e ora le persone mi trattano in modo molto diverso.

Se dovessi dare un consiglio alle donne che decidono di divenire imprenditori in questo settore, direi loro di essere coraggiose, di non essere scoraggiate dalla diversità e di lavorare sodo. E ricorderei loro un detto che spesso mi ripeteva mia nonna: “Risultati gloriosi arriveranno a coloro che lavorano bene”.

La sua storia mostra una chiara propensione alle sfide. Non avrei altri termini per definire Degustibuss, accademia del vino da lei fondata e con la quale è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante nel mondo della formazione enogastronomica, dove la forte predominanza delle associazioni tradizionali scoraggerebbe anche i più ottimisti. Degustibuss è ad oggi uno dei più importanti enti di formazione nel settore, sia a livello nazionale che internazionale. Come ci è riuscita?

Intanto grazie, fa sempre piacere ricevere buoni feedback.

Non eravamo scoraggiati nel fondare Degustibuss, perché la mia accademia è differente. Ci sono due pilastri, due mission: il primo è diffondere una cultura seria, internazionale e al passo coi tempi. Il secondo è quello di cambiare la percezione di cosa significhi essere un esperto di vino.

Partendo da due obiettivi così ambiziosi abbiamo costruito una struttura dinamica ma efficiente, fatta di standard qualitativi altissimi, di docenti che seguono programmi di formazione continua, di corsi che seguono un approccio anglosassone con lezioni full time e esercitazioni a casa. Inoltre, siamo l’unica accademia a fornire sia Corsi per Sommelier che corsi WSET (siamo diventati Official Provider attraverso un lungo percorso di selezione e formazione, per me motivo di grande orgoglio).

 

Il primo giorno di lezione dico sempre ai miei ragazzi “Usciti di qui con il diploma di Sommelier non sarete esperti di vino”, ma Degustibuss – nel corso dei tre Livelli del Corso Sommelier – metterà loro in mano ogni miglior strumento per imparare ad avere approccio critico, commercialmente orientato e con uno sguardo del business del vino a livello mondiale.

La mia più grande soddisfazione è vedere come un corsista cambia il suo modo di approcciarsi ad un calice, arrivando a capire, attraverso le evidenze del vino, i fattori naturali e umani che lo hanno creato. I miei Sommelier sono attualmente impiegati nei migliori ristoranti non solo in Italia, anche con ruoli come Head Sommelier.

Quali sono le differenze tra il tipo di formazione offerta da Degustibuss e quella delle associazioni tradizionali? Ha già in mente di lanciare nuove idee nei prossimi anni?

La formazione di Degustibuss mira a rafforzare l’approccio critico al calice con un panorama grande come il mondo. Ecco le prime due differenze.

Inoltre, Degustibuss insegna come gestire in maniera profittevole una cantina, come diventare Head Sommelier o Buyer, perché affronta i temi economici e di posizionamento commerciale molto seriamente.

E poi la struttura logica che sta dietro la didattica è unica.

Nel primo livello si studiano i Vitigni Internazionali e si analizza come i fattori di Terroir influiscono sulle differenze nel calice: alla fine del primo livello il corsista non solo è in grado di degustare, ma è anche in grado di riconoscere vitigno e origine geografica di un vino (panel internazionale, ovviamente).

Nel secondo livello gli argomenti sono L’Europa, e come i fattori in vigna e cantina influiscono sulla qualità e lo stile di un vino. Partendo dal calice, quindi, il corsista sarà in grado di risalire ai fattori che lo hanno determinato, valutandone la qualità da un punto di vista oggettivo.

Nel terzo livello (il più bello a mio parere) si affrontano le restanti regioni del mondo e si fanno interessanti Lecture su Climate Change, concetti molto tecnici che riguardano turnover e profittabilità aziendale, posizionamento economico di un vino e giusto valore monetario. Oltre che un’ampia sessione sugli abbinamenti con il cibo. Il corsista che diventa Sommelier superando l’ultimo esame è in grado di affrontare una discussione su un vino a livello tecnico, responsabile e preparato

Come vede, il percorso logico è quello di un’immersione crescente nel mondo del vino. Ecco come io e la mia squadra ci siamo riusciti.

Ho molte idee per i prossimi anni, ed alcune sono già in fase di lancio. Ma ovviamente non le saprà oggi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Navigazione